Studio Legale Avvocato Sigmar Frattarelli
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IL LICENZIAMENTO PER SCARSO RENDIMENTO

  • 31/10/2020

Il licenziamento per scarso rendimento del lavoratore è una ipotesi possibile, anche se pur sempre nel rispetto di alcuni specifici e determinati limiti.

 

Nel linguaggio comune per “rendimento” si intende la misura con la quale una persona assolve le proprie funzioni e i propri compiti professionali. Il rendimento consiste nel risultato utile dell’attività svolta dal lavoratore in un determinato arco temporale.

Lo scarso rendimento consiste in un inadempimento del lavoratore alla sua obbligazione principale, che è quella di svolgere la prestazione lavorativa, e si configura, quindi, come giustificato motivo soggettivo di licenziamento o giusta causa di licenziamento.

La questione che si pone di fronte allo scarso rendimento di un lavoratore è la valutazione della gravità dell’inadempimento, ovvero fino a che punto lo scarso rendimento possa rendere giustificato e legittimo il licenziamento.

Nel recente mese di luglio la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema con la sentenza n. 13625 del 02.07.2020, affermando che integra il giustificato motivo soggettivo o la giusta causa di licenziamento la fattispecie di inadempimento rispetto ad una competenza centrale e rilevante del dipendente determinata da mancanza di diligenza e di impegno professionale.

In particolare, la giusta causa di licenziamento ricorre allorquando le trasgressioni addebitate al dipendente incidono sul rapporto fiduciario esistente tra le parti in modo tale da provocarne la irrimediabile compromissione, quale conseguenza di una comprovata inaffidabilità del dipendente.

Ne discende che laddove, per mancanza di diligenza e di impegno professionale, il lavoratore commetta errori rilevanti nell’esecuzione delle proprie mansioni, lo stesso è passibile di licenziamento.

La giurisprudenza è, invero, da tempo orientata nel senso di riconoscere allo scarso rendimento una valenza di carattere soggettivo, in quanto indice di una prestazione inadeguata, in termini quantitativi e qualitativi, sotto il profilo del diligente adempimento degli obblighi derivanti dal contratto di lavoro.

Il lavoratore è, infatti, tenuto a mettere a disposizione del datore di lavoro le proprie energie, svolgendo, nei tempi e nei modi stabiliti, la prestazione lavorativa richiesta secondo le disposizioni da quest’ultimo impartitegli, e nel farlo egli deve operare con la diligenza richiesta «dalla natura della prestazione dovuta», ovvero con una diligenza qualificata.

In applicazione di tali principi, la giurisprudenza sostiene che «il rendimento lavorativo inferiore al minimo contrattuale non integra l’inesatto adempimento, considerato che, nonostante la previsione di minimi quantitativi, il lavoratore è obbligato ad un facere e non ad un risultato e l’inadeguatezza della prestazione resa può essere imputabile alla stessa organizzazione dell’impresa o, comunque a fattori non dipendenti dal lavoratore» (Cass. 22 novembre 2016, n. 23735; Cass. 23 marzo 2017, n. 7522).

Conseguentemente, il datore di lavoro che rivendichi la legittimità del recesso per scarso rendimento non può limitarsi a dedurre il mancato raggiungimento del risultato atteso (obiettivo minimo di produzione): egli è onerato della dimostrazione di un notevole inadempimento che discende da una valutazione complessa la quale involge il grado di diligenza richiesto dalla prestazione, quello usato dal lavoratore e l'esclusione della rilevanza di fattori inerenti all'organizzazione di impresa, nonché di fattori socio-ambientali.

Per poter legittimamente licenziare un lavoratore per scarso rendimento, è, pertanto, necessaria la contemporanea sussistenza di due presupposti:

a) il licenziamento deve fondarsi su un elemento di carattere oggettivo, ovvero l’esistenza di una notevole sproporzione tra i risultati conseguiti e gli obiettivi assegnati. La valutazione di tale aspetto non deve però essere effettuata in astratto, bensì utilizzando quale parametro un rendimento concretamente esigibile, che tenga conto del rendimento medio degli altri dipendenti in analoghe funzioni e mansioni.

b) in secondo luogo, è necessario che la sproporzione tra i risultati attesi e quelli conseguiti sia imputabile al lavoratore, ovvero sia la conseguenza di un colpevole e negligente inadempimento degli obblighi contrattuali gravanti sul lavoratore e non sia, invece, ascrivibile all’organizzazione del lavoro o ad altri fattori non riferibili al lavoratore.

La giurisprudenza è giunta anche ad individuare alcuni indici specifici la cui esistenza costituisce prova dello scarso rendimento del lavoratore.

1) Il risultato: il risultato atteso deve essere inferiore rispetto alla media delle prestazioni rese dai lavoratori con la stessa qualifica e le stesse mansioni, indipendentemente dagli obiettivi minimi fissati;

2) Lo scostamento: lo scarto deve essere notevole, deve cioè sussistere una sproporzione particolarmente rilevante tra il risultato del lavoratore e quelli medi degli altri lavoratori;

3) L’imputabilità: lo scarso rendimento deve essere imputabile al lavoratore, in modo da escludere che lo stesso sia determinato da fattori organizzativi o socio-ambientali dell’impresa stessa;

4) La condotta: è necessario valutare il comportamento del lavoratore (comunque fondato su dolo o colpa) in un determinato arco temporale e non in relazione ad un singolo episodio (o a sporadici casi) e, quindi, ulteriori indici rilevanti per individuare la condotta di scarso rendimento sono anche la frequenza e la ricorrenza del comportamento del dipendente in un arco temporale significativo, nonché la sua abitualità, circostanze che costituiscono il sintomo di una mancanza di impegno e di una progressiva disaffezione al lavoro.

La questione dello scarso rendimento ha trovato applicazione anche nel caso di assenze reiterate del lavoratore. Le assenze ripetute, infatti, possono integrare la fattispecie dello scarso rendimento quando le stesse, pur se incolpevoli, rendano la prestazione non più utile per il datore di lavoro, incidendo negativamente sulla produzione aziendale e sulle esigenze organizzative e funzionali dell’impresa.

Lo scarso rendimento rileva, infine, in tutti i casi in cui siano contestate al lavoratore lievi e non gravi mancanze che tuttavia presentino i connotati della ripetitività e della recidiva; in tali ipotesi il licenziamento è il risultato di un comportamento continuo e recidivo, più volte contestato, sfociato in provvedimenti disciplinari definitivi che provocano la compromissione irrimediabile del rapporto fiduciario con il datore di lavoro.

Avv. Sigmar Frattarelli

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